lunedì 22 aprile 2013

Non c’è bisogno di tutto questo sadomasochismo economico – David Graeber.




La giustificazione intellettuale per l'austerità è in rovina. Si scopre che gli economisti di Harvard  Carmen Reinhart e Ken Rogoff, che originariamente hanno inquadrato l'argomento relativo al fatto che un “rapporto debito-PIL" troppo alto porterà sempre, necessariamente, alla contrazione economica - e che l’avevano  aggressivamente promosso durante il mandato di Rogoff come capo economista per il Fondo Monetario Internazionale - avevano basato tutta la loro tesi su un errore di calcolo [http://www .guardian.co.uk/politics/2013/apr/18/uncovered-error-george-osborne-austerity n.d.t.]. La premessa dietro i tagli risulta essere difettosa. Ormai non c'è prova definitiva che alti livelli di debito portano necessariamente alla recessione.

Vedremo, quindi, un'inversione di politica?! Un mare di mea culpa da parte dei politici che hanno trascorso gli ultimi anni raccontando a pensionati disabili che dovevano rinunciare al passaggio del loro autobus e agli studenti poveri di rinunciare all'Università, il tutto sulla base di un errore?! Sembra improbabile. Dopo tutto, come io e molti altri abbiamo a lungo sostenuto, l'austerità non è mai veramente stata una politica economica: in definitiva, era sempre una questione di morale. Stiamo parlando di una politica di delitto e castigo, il peccato e l'espiazione. Vero, non è mai stato particolarmente chiaro esattamente quello che è stato il peccato originale: una combinazione, forse, di evasione fiscale, di pigrizia, di beneficio della frode e l'elezione di leader irresponsabili. Ma in un senso più ampio, il messaggio era che fossimo colpevoli di aver sognato la sicurezza sociale, condizioni di lavoro umane, le pensioni, la democrazia sociale ed economica.

La morale del debito si è dimostrata spettacolarmente una buona politica. E sembra funzionare altrettanto bene qualsiasi forma assuma: sadismo fiscale (gli elettori olandesi e tedeschi credono, effettivamente, che i cittadini greci, spagnoli e irlandesi siano tutti, collettivamente, come si diceva, "peccatori del debito", e danno sostegno con il voto ai politici che vogliono punirli) o masochismo fiscale (i britannici della classe media voteranno doverosamente per i candidati che dicono che il governo ha fatto “baldoria”, che dovranno tirare la cinghia, sarà difficile, ma è qualcosa che tutti noi possiamo fare per il bene dei nostri nipoti). I politici individuano le teorie economiche che forniscono equazioni appariscenti per giustificare la politica, ed i loro autori, come Rogoff, vengono celebrati come oracoli; nessuno si preoccupa di controllare se i numeri in realtà si sommano.

Se fosse mai stata richiesta la prova che la teoria è stata selezionata per soddisfare la politica, basti considerare la reazione che i politici hanno verso gli economisti che osano suggerire che questo contesto moralistico è inutile, o che ci potrebbero essere soluzioni che non comportano gravi sofferenze.

Anche prima sapevamo che lo studio di Reinhart e Rogoff era semplicemente sbagliato, molti avevano sottolineato che la loro indagine storica non faceva alcuna distinzione tra gli effetti del debito per i paesi come gli USA o il Giappone - che emettono la propria moneta e quindi hanno il loro debito denominato in tale valuta - e paesi come l'Irlanda, la Grecia, che non lo fanno. Ma la vera soluzione per la crisi degli eurobond [la crisi del debito n.d.t.], alcuni hanno sostenuto, si trova proprio in questa distinzione.

Perché il Giappone non è nella stessa situazione della Spagna o dell'Italia?! Ha uno dei più alti rapporti  debito/PIL del mondo (il doppio di quello dell’Irlanda), ed è regolarmente in riviste come l'Economist come un esempio prima facie di un caso disperato di economia, o per lo meno, di come non gestire una moderna economia industriale. Eppure, non hanno alcun problema nella raccolta di fondi. Infatti il ​​tasso sui loro titoli a 10 anni è inferiore all'1%. Perché? Perché non c'è nessun pericolo di default. Tutti sanno che in caso di emergenza, il governo giapponese potrebbe semplicemente stampare il denaro. E i soldi giapponese, a loro volta, andranno sempre bene perché c'è una costante domanda di questi da parte di chiunque abbia a pagare le tasse giapponesi.

Questo è precisamente quello che l'Irlanda o la Spagna, o uno qualsiasi degli altri paesi della zona euro del sud in difficoltà, non possono fare. Dal momento che solo la Banca Centrale Europea dominata dai tedeschi può stampare euro, gli investitori in obbligazioni irlandesi temono il default, ed i tassi di interesse sono “un'offerta” di conseguenza. Da qui il circolo vizioso di austerità. Così una percentuale maggiore della spesa pubblica deve essere reindirizzata per pagare l'aumento dei tassi di interesse, i bilanci sono tagliati, i lavoratori licenziati, l’economia si contrae, e così fa la base imponibile, riducendo ulteriormente le entrate statali e aumentando ulteriormente il rischio di default. Infine, i rappresentanti politici dei creditori sono costretti ad offrire "pacchetti di salvataggio", annunciando che, se il paese incriminato è disposto a castigare sufficientemente i sua malati e gli anziani, e ad infrangere i sogni e le aspirazioni di una percentuale sufficiente dei suoi giovani, prenderanno misure per garantire che le obbligazioni non faranno default.

Warren Mosler [http://en.wikipedia.org/wiki/Warren_Mosler n.d.t] e Philip Pilkington sono due economisti che hanno il coraggio di pensare al di là delle catene di Rogoff di stile economico di austerità. Appartengono alla scuola della Modern Money Theory [http://www.nakedcapitalism.com /2013/03/what-is-modern-monetary-theory-or-mmt.html n.d.t.], che inizia guardando a come funziona realmente il denaro, piuttosto che a come dovrebbe funzionare. Su questa base, hanno fatto un caso potente sul fatto che se torniamo al problema di fondo della creazione della moneta, possiamo così scoprire che tutto questo non è mai necessario cominci. In collaborazione con Levy Institute of Bard College, propongono un’ingegnosa, ma elegante soluzione alla crisi degli eurobond [http://www.levy institute.org/publications/?docid=1511 n.d.t.]. Perché non semplicemente aggiungendo un po' di linguaggio giuridico, per esempio, dichiarando che con i bonds irlandesi, in caso di inadempienza, si possono utilizzare, a loro volta, per pagare le tasse irlandesi? Gli investitori sarebbero rassicurati che i bonds rimarrebbero "moneta buona", anche nella peggiore delle crisi - in quanto anche se non stavano facendo affari in Irlanda, e non devono pagare le tasse irlandesi, sarebbero abbastanza facili da vendere, con un piccolo sconto, a qualcuno che lo fa. Una volta che i potenziali investitori hanno capito il nuovo accordo, i tassi di interesse ricadrebbero dal 4-5% ad un gestibile 1-2%, e il ciclo di austerità sarebbe interrotto.

Perché non è stato adottato questo piano? Quando è stato proposto nel parlamento irlandese nel maggio 2012, il ministro delle Finanze Michael Noonan [http://www.finegael.ie/our-people/ministers/michael-noonan/ n.d.t.] ha respinto il piano per motivi del tutto arbitrari (ha sostenuto che significherebbe trattare alcuni obbligazionisti in modo diverso rispetto ad altri, ed ha  ignorato quelli che rapidamente avevano sottolineato che alle obbligazioni esistenti potrebbe facilmente essere dato lo stesso status giuridico o, altrimenti, potrebbero essere scambiate per tax-backed bonds). Nessuno è abbastanza sicuro di quella che fosse la vera ragione, eccetto forse una paura burocratica istintiva dell'ignoto.

Non era nemmeno chiaro chi sarebbe stato infastidito da un tale piano. Gli investitori sarebbero stati felici. I cittadini avrebbero visto un rapido sollievo dai tagli. Non ci sarebbe stata alcuna necessità di ulteriori salvataggi. Potrebbe anche non funzionare in paesi come la Grecia, in cui la riscossione è, diciamo, meno affidabile, e potrebbe non eliminare del tutto la crisi. Ma avrebbero quasi certamente importanti effetti salutari. Se i politici si rifiutano di considerarlo - come finora hanno fatto - è difficile vedere una qualsiasi ragione diversa dalla pura incredulità al pensiero che il grande dramma morale dei tempi moderni potrebbe in effetti non essere altro che il prodotto di una cattiva teoria e di una serie di dati difettosi.

Traduzione a cura di Luca Pezzotta. 

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